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Progetto Senza Corpo
Senza Corpo è un progetto fotografico sul fenomeno della migrazione lungo la Rotta Balcanica.
I vestiti fotografati sono stati raccolti nella Val Rosandra, in Friuli, al confine con la Slovenia, in alcuni dei sentieri percorsi da quelle persone che, per sopravvivere, sono costrette a intraprendere il tragitto definito “The game”, ossia il tentativo di passare le frontiere senza essere respinti, con tutte le conseguenze di sorta.
La volontà di raccogliere i loro abiti è nata primariamente con l’obiettivo di archiviare elementi e oggetti di un fatto storico in atto. Quello a cui assistiamo oggi sarà, in futuro, il tragico avvenimento di un passato che ci impegneremo a ricordare con tanta cura e discernimento.
Secondo quelli che sono i miei strumenti d’azione, indago attraverso le immagini lo status di migrante e, tramite l’approccio intrapreso, evidenzio parallelamente le condotte disturbanti di una società frammentata e contraddittoria come la nostra.
Perché Senza Corpo? L’assenza del corpo non è solo un richiamo al corpo umano che ha indossato quegli abiti, prima che di fretta fossero sfilati da esso per togliere con loro l’odore pregnante del bosco, della paura e del tragitto spesso violento, che ha vissuto; ma è soprattutto un’allusione al corpo privato di valore umano, di diritti e di ruolo sociale. Non solo quel corpo deve attraversare gli stadi più estremi della sopravvivenza: la fame, la sete, il freddo, il dolore, la fatica, il sonno. Non solo è violato e umiliato dalle torture fisiche e psicologiche, ma è anche privato dei diritti civili e umani che la nostra società riconosce come diritti universali.
Come ormai tutti sappiamo, grazie al lavoro delle associazioni, degli attivisti e dei giornalisti che denunciano costantemente questa realtà, quei corpi sono rinchiusi in campi senza alcuna prospettiva futura, in condizioni igienico-sanitarie degradanti, privati di dignità, picchiati e umiliati dalla polizia croata, continuamente respinti, alcuni di loro trovano la morte, altri impazziscono, altri, se ce la fanno, porteranno dentro di loro questo trauma a vita.
Perché ad ogni vestito è associato un nome? Ho deciso di assegnare un nome ad ogni abito per ricordare che quei vestiti sono appartenuti a qualcuno, a differenza della quantità anonima di articoli che siamo abituati ad acquistare sia in negozio sia online, che molto spesso è prodotta sfruttando manodopera a basso costo, senza garanzie né diritti, in aziende delocalizzate che favoriscono l’impoverimento e la precarizzazione anche delle nostre classi sociali. Questi stessi prodotti, di fatto, rappresentano un capitale che ha molta più libertà e valore dell’essere umano.
I vestiti che vedete qui, quindi, benché a primo impatto per la loro organizzazione facciano eco agli e-commerce sui quali compriamo i nostri, sono i vestiti appartenuti alle persone che attraversano la rotta balcanica. Questa contrapposizione tra il mondo asettico del consumismo e il mondo reale fatto di persone mira a voler riumanizzare la definizione migrante. Oggi i migranti sono considerati come una categoria dal significato fluido: a volte è un problema, a volte una risorsa, a volte una questione politica, a volte una questione ideologica, sociale, economica ecc. Le persone che migrano sono così private del loro ruolo intrinseco di esseri umani, d’individui con diritto alla loro storia, alla loro sensibilità, alla loro unicità, per diventare qualcosa di molto più anonimo, confuso e soggetto a diverse interpretazioni: i migranti, per l’appunto. Basta pensare che la maggior parte delle volte che se ne parla, non si fa neanche la più banale distinzione tra la provenienza di queste persone e, quindi, un afgano è come un siriano, un siriano è come un bengalese, ecc. E questo perché i migranti, prima di essere qualcuno, sono qualcosa.
In quel “migranti”, invece, ci sono molti paesi, molte culture, molte famiglie, molte persone con idee, emozioni, sentimenti, personalità differenti. Ogni dettaglio di quel “migranti” è un individuo, ogni dettaglio di quel “migranti” è in vita. Ci sono i nostri amici, i nostri compagni, i nostri vicini di casa; ci sono i medici, gli artisti, i meccanici, i maestri, i venditori, gli ingegneri… di quest’umanità. Ci siamo noi.
Stiamo permettendo che i ricordi di generazioni intere siano ricordi di dolore.
Donazioni
Vorrei che Senza Corpo non fosse solo un progetto di denuncia ma portasse ad agire, così ho creato una pagina donazioni dove chi vorrà, potrà lasciare un’offerta libera direttamente all’Associazione Linea d’Ombra. I volontari dell’associazione si occupano in prima persona, ogni giorno dell’anno, in qualsiasi situazione meteorologica, di aspettare, accogliere e curare coloro che sono riusciti a passare il confine. Forniscono loro cure mediche, cibo e vestiti puliti. L’associazione è ugualmente in contatto con tutta la rete di sostegno nei Balcani, in particolare in Bosnia, dove è focalizzato l’intervento in questo ultimo periodo.
Il ricavato servirà a rendere meno insopportabili le condizioni di vita dei profughi, a denunciarne la situazione e a sostenere operazioni d’aiuto lungo la Rotta Balcanica.
Sans Corps
Sans corps est un projet photographique sur le phénomène de la migration le long de la Route des Balkans.
Les vêtements photographiés ont été recueillis dans le Val Rosandra, en Italie, à la frontière avec la Slovénie, sur certains des chemins empruntés par ces personnes qui, pour survivre, sont obligées d’entreprendre le voyage défini comme “The Game”, c’est-à-dire la tentative de franchir les frontières sans être rejetées, avec toutes les conséquences que cela implique.
L’idée de collecter leurs vêtements est née principalement dans le but d’archiver des éléments et des objets d’un fait historique en cours. Ce dont nous sommes témoins aujourd’hui sera, à l’avenir, l’événement tragique d’un passé dont nous
nous efforcerons de nous souvenir avec tant de soin et de discernement.
En fonction de mes outils d’action, j’enquête par l’image le statut du migrant et, par la démarche adoptée, je souligne en parallèle les comportements dérangeants d’une société fragmentée et contradictoire comme la nôtre.
Pourquoi Sans Corps? L’absence du corps n’est pas seulement une référence au corps humain qui a porté ces vêtements, avant qu’ils ne soient ôtés à la hâte pour enlever avec eux l’odeur prégnant de la forêt, de la peur et du voyage souvent violent qu’il a vécu. Il s’agit avant tout d’une allusion au corps privé de valeur humaine, de droits et de rôle social. Non seulement ce corps doit passer par les étapes les plus extrêmes de la survie : faim, soif, froid, douleur, fatigue, sommeil.
Non seulement il est violé et humilié par la torture physique et psychologique, mais il est également privé des droits civils et humains que notre société reconnaît comme des droits universels.
Comme nous le savons tous aujourd’hui, grâce au travail des associations, des reporters et des journalistes qui dénoncent sans cesse cette réalité, ces corps sont enfermés dans des camps sans perspectives d’avenir, dans des conditions hygiéniques et sanitaires dégradantes, privés de dignité, battus et humiliés par la police croate, continuellement rejeté. Certains trouvent la mort, d’autres deviennent fous, d’autres encore, s’ils s’en sortent, porteront ce traumatisme en eux pour la vie.
Pourquoi les vêtements sont-ils nommés ? J’ai décidé de donner un nom à chaque vêtement pour rappeler qu’ils appartenaient à quelqu’un, contrairement à la quantité anonyme d’articles que nous avons l’habitude d’acheter tant dans les magasins que sur Internet, qui sont très souvent produits en exploitant une main- d’œuvre bon marché, sans garanties ni droits, dans des entreprises délocalisées qui favorisent l’appauvrissement et la précarisation de nos classes sociales aussi. Ces mêmes produits représentent en effet un capital qui a beaucoup plus de liberté
et de valeur que l’être humain.
Les vêtements que vous voyez ici, donc, bien qu’à première vue leur organisation fasse écho au e-commerces sur lesquels nous achetons les nôtres, sont les vêtements qui ont appartenu aux personnes qui ont traversé la route des Balkans.
Ce contraste entre le monde aseptique de la consommation et le monde réel fait de personnes vise à ré-humaniser la définition du migrant. Aujourd’hui, les migrants sont considérés comme une catégorie au sens fluide : parfois c’est un problème, parfois une ressource, parfois une question politique, parfois une question idéologique, une question sociale, une question économique, etc. Les personnes qui émigrent sont ainsi privées de leur rôle intrinsèque d’êtres humains, d’individus ayant droit à leur propre histoire, à leur propre sensibilité, à leur propre unicité, pour devenir quelque chose de beaucoup plus anonyme, confus et sujet à différentes interprétations : les migrants, précisément. Il suffit de penser que la plupart du temps, lorsque nous parlons d’eux, nous ne faisons même pas la distinction la plus banale entre l’origine de ces personnes et, par conséquent, un Afghan est comme un Syrien, un Syrien est comme un Bengali, etc. Et cela parce que les migrants, avant d’être quelqu’un, sont quelque chose.
Dans ce “migrants”, au contraire, il y a beaucoup de pays, beaucoup de cultures, beaucoup de familles, beaucoup de gens avec des idées, des émotions, des sentiments, des personnalités différentes. Chaque détail de ce “migrants” est un individu, chaque détail de ce “migrants” est vivant. Il y a nos amis, nos compagnons, nos voisins ; il y a les médecins, les artistes, les mécaniciens, les enseignants, les vendeurs, les ingénieurs… de cette humanité. Il y a nous.
«Nous permettons que les souvenirs de générations entières soient des souvenirs de douleur.»
Donations
Je voudrais que Sans Corps soit non seulement un projet de dénonciation mais aussi un projet qui mène à l’action, c’est pourquoi j’ai créé une page de dons où ceux qui le souhaitent peuvent faire un don directement à l’Association Linea d’Ombra. Les bénévoles de l’association s’occupent en première personne, tous les jours de l’année, quelle que soit la situation météorologique, d’attendre, accueillir et soigner ceux qui ont réussi à passer la frontière. Ils leur fournissent des
soins médicaux, de la nourriture et des vêtements propres. L’association est également en contact avec l’ensemble du réseau de soutien dans les Balkans, en particulier en Bosnie.
Les fonds seront utilisés pour rendre les conditions de vie des réfugiés moins insupportables, pour dénoncer leur situation et pour soutenir les opérations d’aide le long de la route des Balkans.